N°51        APRILE 2019

 

CHI CI TOGLIERÀ LA PIETRA ? 

 

Prima dell’annuncio della risurrezione di Gesù Cristo, l’unica preoccupazione dei suoi amici era questa: “Chi ci farà  rotolare via la pietra dall’ingresso del sepolcro?”. I discepoli di Gesù erano disorientati e preoccupati, dopo il “fallimento” della missione del Maestro. Il pensiero era ormai solo  quello di rimuovere un ostacolo, per poter ungere il corpo del Rabbì defunto.

 

Ma il macigno che pesava sul loro cuore era molto più grande di quello del sepolcro. Tutta la speranza e la fiducia che avevano riposto in Gesù di Nazaret se n’era andata: “Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele”...; “Noi credevamo che quell’uomo fosse Dio”....; “Noi eravamo convinti che Egli potesse darci una  soluzione ai tanti nostri problemi”...

 

Quante volte ripetiamo anche noi la stessa scena e le stesse parole: “Io ho pregato e sperato che il Signore mi ascoltasse, ma non lo ha fatto... Ho cercato di chiedere aiuto a Dio, ma non me l’ha dato... Ho supplicato il Signore che intervenisse nella mia vita, ma mi ha abbandonato...”.

 

Ecco che l’annuncio della risurrezione risuona ancora ai nostri orecchi: il Signore Gesù non è morto, è al tuo fianco anche quando non lo vedi e i tuoi occhi non lo scorgono perché hai bisogno di ascoltare di più la sua voce, per riavere la vista. Del resto, quanto tempo dedichi all’ascolto della sua Parola nella tua vita quotidiana? I due discepoli di Emmaus dicevano: “Non ci ardeva forse il cuore nel petto mentre Egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?”. Non abbiamo bisogno che qualcuno venga a rotolarci via la pietra dal sepolcro: abbiamo bisogno di sperimentare che è già stata rimossa! Altrimenti la nostra fede è vuota e la nostra vita disperata. Ecco cosa dovremmo fare: permettere a Gesù di conversare con noi, ritornare a lui grazie all’ascolto del suo Vangelo, alla preghiera con la Bibbia in mano, alla riscoperta della Messa (e non solo domenicale), alla visita frequente al S.S. Sacramento presente in chiesa per ascoltarne la voce... Gesù è vivo, è risorto ed è presente nella mia vita... sono io che sono assente da lui! Però, in questa Pasqua, posso decidermi per Lui, e realizzare con il Signore un nuovo incontro che riempia i vuoti del mio animo. Voglio sperimentare che davvero Cristo è risorto e che quella pietra, che ogni pietra, è già stata spostata dal mio cuore!

don Stefano

 

ANDARE IN CHIESA IN PIENA NOTTE

L'adorazione notturna del Giovedì Santo è ormai un appuntamento a cui i nostri giovani della Comunità Pastorale non possono mancare! Sono loro, infatti, che propongono a tutti tre momenti di preghiera comunitaria nella chiesa di S. Ilario davanti all’altare del “Sepolcro”, nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo. I nostri giovani sono pronti a ritrovarsi in oratorio, non per un bivacco notturno, ma per una veglia di preghiera, contrassegnata dal riposo (portare stuoino e sacco a pelo!) e dal silenzio tra un momento di preghiera e il successivo: alle ore 24,00 si reciterà il Vespro, alle ore 3,00 il Mattutino e alle ore 6,00 le Lodi. A conclusione di questa Veglia, venerdì mattina alle ore 9,00 si celebrerà l’Adorazione della Croce e alle ore 12,00 si reciterà l’Ora Media. Sarebbe bello che tutti i giovani della nostra Comunità Pastorale ritagliassero un momento del loro tempo per dedicarsi alla preghiera e al dialogo personale con Gesù Eucaristia, rinunciando eventualmente anche a qualche momento di sonno... per quanto possa costare fatica! È sicuramente un’esperienza emozionante: in chiesa, la notte, si crea un'atmosfera mistica, grazie all’assoluto silenzio dei fedeli raccolti in meditazione, che aumenta l’intensità della preghiera: il rapporto con Dio diventa tanto vicino da essere palpabile...

Simona

    

PER ESSERE CRISTIANI PASQUALI E NON DA VENERDÌ SANTO

“Il Figlio dell'uomo sta per essere dato nelle mani degli uomini ed essi l'uccideranno; ma tre giorni dopo essere stato ucci so, risusciterà. Ma essi non capivano le sue parole e temevano d'interrogarlo”. Arriva un momento in cui Gesù è compl etamente esplicito con i suoi discepoli: non nasconde loro che cosa gli accadrà, ma loro, davanti alla possibilità del dolore e della morte, non riescono a capire più nulla. Si bloccano sulla sua uccisione, e il verbo “resuscitare” nemmeno scalfisce la confusione e la paura che provano. È un po’ così anche per noi, cristiani del Venerdì Santo, adoratori di un morto sconfitto, tanto scombussolati da ciò che ci affligge nella vita da dimenticare la cosa più sorprendente di tutte: che l’ultima parola non sarà della morte, ma della vita. Come ci insegna Gesù, la modalità “di essere come un bambino” è l’unica che può salvarci dalle nostre paure e dall’angoscia della morte. Perché? La forza di un bambino è l’attitudine a lasciarsi prendere in braccio, ad affidarsi senza remore, a percepire di non essere solo, di non dover contare soltanto sulla forza delle proprie gambe. L’abbandono nelle mani di Dio è il principio di ogni risurrezione: la risurrezione è possibile solo se ci si affida completamente a quel Padre che non ci evita il salto della morte, ma che ci assicura di essere pronto a prenderci al volo.

Cesi

 

IL MIO PRIMO VENERDÌ SANTO

 

Avevo dieci anni e da pochi mesi facevo il chierichetto nella mia parrocchia di allora, San Giovanni Battista ad Avigno. Con  entusiasmo presi l’impegno di fare il ministrante durante il “Triduo pasquale”. Ero contento perché la scuola era chiusa per le vacanze pasquali e si avvicinava il giorno di Pasqua. Un ragazzino di quell’ età può capire più di quanto si creda e io quel mio primo “Venerdì Santo” da chierichetto me lo sarei rammentato per tutta la vita. Partecipai alla “Via Crucis”: le stazioni mi fecero cozzare con le sofferenze di Gesù, che, come in un film, avevo già viste nelle immagini delle cappelle del S. Monte. All’improvviso guardai l’enorme croce sull’altare retroilluminata e mi inorgoglii assai di essere lì a vivere quei momenti carichi di commozione. Compresi cosa significa avere ciascuno la propria croce; compresi cosa comporta scegliere la via tortuosa anziché quella più larga; compresi cosa significa sentirsi sapersi amati da qualcuno fino al dono della vita; compresi chi sono le persone generose e altruiste di cui potersi fidare. Ricordo che queste profonde riflessioni mi fecero sentire un adulto, che ragionava come una persona matura e non come un ragazzino! Credo che nessun libro ci insegni meglio del Vangelo come saper accettare la sofferenza per diventare persone migliori e per imparare come stare vicino al nostro prossimo nei momenti difficili, con una presenza discreta e non invadente. Questo è il punto: vogliamo il benessere, la salute, la tranquillità e quando soffriamo ce la prendiamo con il buon Dio che lo permette. Stiamo attenti a quando diciamo: “L’importante, nella vita, è la salute!”; forse sarebbe meglio aggiungere... “dell’anima!”.

Roberto

 

LA SETTIMANA SANTA ARGENTINA

 

Carissimi amici di Bedero e di Masciago, nella nostra parrocchia di missione, terminato il Carnevale, cominciamo a preparare le Vie Crucis viventi! Giorno per giorno, adulti e ragazzi preparano i copioni per rappresentare la Passione in versione “attualizzata”. E poi allestiscono i costumi, con una tela plastificata, chiamata “tela de lienzo". Devo fare attenzione alla sagrestia in questo periodo di caccia al costume: non rimarrebbe più neanche il mio vestito da Messa, se non lo nascondessi in casa! Nei villaggi che riesco a raggiungere con regolarità, le Sacre Rappresentazioni si realizzano il Venerdì Santo. Nelle altre comunità e nelle scuole, invece,  tutto è rimandato al dopo Pasqua,  e là si rappresenta “Via Lucis” che ricorda le apparizioni di Gesù alle donne e ai discepoli. Le stazioni della via crucis vengono realizzate sui tetti-terrazzo delle case perchè la gente possa meglio vedere e ascoltare. Si cammina con le fiaccole accese per raggiungere le varie stazioni tra canti e i momenti di silenzio.  Da noi il Venerdì Santo, piú ancora della Pasqua, é l'apice di tutta la Quaresima. Mai, come in questo giorno, la gente vuole baciare il Crocifisso e accorrere ai cimiteri, come in Europa si usa fare il giorno dei Morti.
Voglio ringraziarvi di cuore per i 2000,00 euro che in occasione del Natale mi avete fatto pervenire. Che la Madonna vi possa ricompensare molto.

Don Angelo

   

UN RITO PER CAPIRE IL CONTESTO DELL'ULTIMA CENA

 

Mercoledì 17 aprile in oratorio si terrà l’incontro del gruppo adolescenti e preadolescenti: una bella occasione per prepararsi all’imminente “Triduo Pasquale”, vivendo in un clima di raccoglimento e preghiera il rito della Cena eb raica. Nella notte in cui fu tradito, come ogni buon israelita, Gesù, con i suoi discepoli, stava celebrando la Cena Pasquale (Seder=Ordine), ricordando la liberazione degli ebrei dalla schiavitù egiziana. Questo memoriale avveniva, e avviene tutt’ora presso gli ebrei, consumando solo cibi dal valore altamente simbolico. Si inizia dal pane azzimo, cioè non lievitato: nel Libro dell’Esodo, infatti, si narra che gli Ebrei, fuggendo di notte e avendo fretta, prepararono focacce di sola farina, acqua e sale. I calici di vino sulla tavola sono quattro: con il primo si consacra la festa di Pasqua; con il secondo si ricorda come Dio ha liberato gli Ebrei dalla schiavitù; con il terzo si ricorda il sangue dell’agnello, che ha segnato le case ebraiche; con il quarto si ringrazia Dio che ha scelto Israele fra tutti i popoli della terra. Il sedano e le verdure crude intinte nell’acqua salata richiamano le lacrime versate da prigionieri, le erbe amare rammentano la tristezza della schiavitù, la salsa karoset, invece, ricorda l’impasto che gli schiavi ebrei maneggiavano per produrre mattoni. La cena termina con l’uovo sodo, segno di nuova vita e con la carne arrostita dell’agnello, il cui sangue ha allontanato l’Angelo della morte dalle abitazioni ebree.

Luca

 

CHI HA INVENTATO LA VIA CRUCIS ?

 

La “via della Croce” è quel tratto di strada che collega due punti ben specifici della città antica di Gerusalemme: il Pretorio (presso la Fortezza Antonia, sede di Pilato) e il Calvario (dove oggi sorge la Basilica del Santo Sepolcro). Si tratta a tutti gli effetti di una strada, come le nostre vie Roma o via Garibaldi: la strada  percorsa da Cristo carico della Croce, mentre andava incontro alla sua condanna a morte. Lungo il percorso si trovano numerose cappelle che corrispondono alle tradizionali stazioni della Via Crucis: le cadute, gli incontri con le donne, con il Cireneo, eccetera... Molti furono i pellegrini che si recarono fin dai primi secoli alla Città Santa per percorrere quella strada come la percorse Gesù anni prima, pregando e ricordando, chiedendo ed affidando. Tornati a casa, quei pellegrini portando nel cuore e nella mente i passi percorsi sulla Via Dolorosa, pensarono di presentarli alle proprie comunità costruendo piccole riproduzioni, o immagini delle scene cruciali avvenute in questa via, con l’idea di fare memoria degli ultimi attimi del Cristo, sulla via che portò alla nostra salvezza. Così nacquero e si diffuse ro le prime Vie Crucis in Europa, favorite anche dalla predicazione dei Francescani, che, da oltre ottocento anni, accompagnano i pellegrini e custodiscono i luoghi principali della Terra Santa. Questa l’origine della nostra celeberrima Via Crucis: il desiderio di rivivere una esperienza bella e significativa per la propria vita fatta in terra lontana.

Andrea

 

RACCOLTA DIFFERENZIATA : CHE BEL SUCCESSO!

Con la domenica delle Palme, si è conclusa la raccolta alimentare della nostra Caritas parrocchiale del tempo di Quaresima. Come ha sottolineato più volte il parroco negli annunci domenicali durante la S. Messa, le nostre carriole e gerle non riuscivano a contenere i chili di pasta, di riso, i litri di olio, i condimenti, i pelati, il latte, i dolci e i prodotti per l’igiene e la casa... che di domenica in domenica sono stati portati in chiesa per venire in aiuto all’operazione “Borsa della Spesa” di Pasqua favorita dalla Caritas della nostra Comunità Pastorale. Il  risultato è stato, a dir poco eccellente: una vera grazia di Dio, che non ci aspettavamo di raggiungere. Tutto  grazie alla generosità, al senso di solidarietà, di condivisione e di impegno (e anche alla memoria) di tanta parte della nostra comunità: valori cristiani, umani e sociali che le persone di cuore, semplici ed autentiche, sanno custodire e mettere in gioco, al servizio dei fratelli in difficoltà. Ora viene la parte più difficile del nostro lavoro di servizio al prossimo in difficoltà: dopo aver invitato la Comunità parrocchiale ad aprirsi ai bisogni dei poveri... riusciremo a convincere i poveri ad aprirsi alla Comunità parrocchiale rinunciando al ruolo di semplici profittatori? Comunque, a nome dei volontari della Caritas e di tutti coloro che beneficeranno di quanto raccolto, davvero, di cuore GRAZIE!

Secondo

   

 

LE CAMPANE : VOCE DI DIO

 

Da secoli le campane svolgono un ruolo importantissimo nella vita di ciascun cristiano. Si può dire che abbiano un vero e proprio “linguaggio”, che varia a seconda delle occasioni: trasmettono infatti un senso di gioia nelle festività, di attesa durante l'Avvento, di penitenza in Quaresima, ecc... Le campane, inoltre, accompagnano con i loro rintocchi anche ogni momento della vita, scandendo ogni giornata in tre precisi momenti: annunciano festose una nascita, solennizzano i momenti di celebrazione dei Sacramenti e accompagnano con rintocchi funebri il ritorno a Dio. Peccato che nel mondo di oggi il suono delle campane non sia più interpretato e compreso dalla maggior parte delle persone, come invece capitava una volta. Non è nemmeno molto difficile sentirlo definire come fastidioso: è il giudizio di quelle persone, (sicuramente forse troppe!), che hanno smesso di pensare al soprannaturale. Il suono delle campane, infatti, vuole essere per tutti un richiamo alla voce di Dio, il quale ci rammenta che, oltre al materiale esiste anche lo spirituale; che oltre all'impulsività esiste la volontà; che oltre al modo di vivere comune esiste un modo di vivere evangelico. Dovremmo perciò imparare ad ascoltare il suono delle campane non solo con le orecchie, ma anche con il cuore, soprattutto a Pasqua.

Luigi

 

PASQUETTA: GIORNO PER RINGRAZIARE IL SIGNORE

 

Nell'immaginario collettivo spesso il giorno di “Pasquetta” è soltanto sinonimo di gita fuori porta. Per una famiglia cristiana, però, il significato è ben più profondo. La Quaresima è un lungo periodo di meditazione ed introspezione e termina con la gioia della risurrezione nel giorno di Pasqua. Dopo la Pasqua ogni giorno deve essere motivo di gioia perché siamo stati ormai salvati e redenti dalla croce di Cristo. Ogni giorno merita di essere vissuto con spirito di riconciliazione e pace, con solidarietà e amore fraterno. Non credete sia opportuno portare nel nostro cuore questi sentimenti e testimoniarli anche nei giorni successivi? Vivere la giornata del lunedì dell’Angelo con gli affetti più cari, con la famiglia e con gli amici è un buon modo per ringraziare il Signore, per avvertire il suo caloroso abbraccio e per ritrovare la certezza della Sua presenza che ci accompagna sempre.

Valeria, Mattia e Giovanni

 

BATTESIMO: IL REGALO PIÙ GRANDE

 

Il giorno 28 aprile, domenica in Albis, la nostra Comunità Pastorale di Bedero-Masciago festeggerà nella chiesa di S. Ilario gli anniversari di Battesimo dei bambini che hanno ricevuto questo sacramento negli ultimi cinque anni. Tale appuntamento mi ha fatto ricordare che fino a pochi anni fa non avevo in mente in alcun modo quale fosse la data del mio Battesimo e come fossi stato folgorato da un suggerimento dato da Papa Francesco, che aveva invitato a fare memoria di questa ricorrenza come il momento più importante della propria vita. Quel giorno ero, quindi, subito corso a cercare fra i vecchi documenti del catechismo quale fosse la data precisa in cui ero stato battezzato. Questa sottolineatura fatta dal Papa è stata, dunque, per me la prima occasione in cui ho preso veramente coscienza di come la mia vita fosse radicalmente cambiata con il segno del Battesimo. Con tale sacramento, infatti, la mia esistenza si è legata indissolubilmente a Gesù. Con il passare degli anni e la gioia di camminare sempre più nella fede, ho imparato a conoscerlo come persona vivente e presente nella realtà e nella storia umana. E tale legame ha sempre più impregnato le mie giornate della certezza di una vita comunque positiva e salvata (anche nei momenti più difficili e dolorosi). Evidentemente, avere ricevuto il Battesimo, quando ero nato da pochi mesi e non ne potevo neppure capirne l’importanza, non è stata una mia decisione. Devo, però, ringraziare i miei genitori che con la loro decisione di battezzarmi mi hanno fatto il regalo più grande di tutti.

Daniele